Dal Vesuvio e dalla “la terra nera” nascono i vini della Tenuta le Lune del Vesuvio

Nel Parco Nazionale del Vesuvio, terra di vino, divinamente protetta, nasce l’azienda Tenuta le Lune del Vesuvio

Il Tutto ha origine dal 1940 con “nonno Andrea” e a seguire con il figlio Francesco e i nipoti Andrea e Salvatore. La famiglia Forno in questi anni ha raggiunto traguardi sempre più prestigiosi nel settore vitivinicolo, portando avanti con coerenza la propria mission: fare impresa valorizzando la propria terra e i propri grandi vini senza mai perdere il legame forte con le proprie origini contadine.

E proprio dal Vesuvio e dalla “Terra Nera”  che nascono vini tipici, vitigni autoctoni come il Piedirosso, la Lacryma Cristi e la Coda di Volpe hanno trovato un habitat per esprimersi al meglio, riportando nel bicchiere del consumatore finale  tutte le peculiarità del territorio Pompeiano

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Il PIEDIROSSO
Localmente detto Palummina o Per’ ‘e Palummo deve il suo nome, com’è risaputo, al colore che assumono il rachide e i racimoli con l’approssimarsi della piena maturazione del grappolo. Se nel resto della regione per fama e diffusione il Piedirosso è solo secondo dopo l’aglianico, recitando la parte del comprimario, nella provincia di Napoli assurge invece al ruolo di protagonista assoluto.

‘O Cuognolo Piedirosso Pompeiano – Le Lune del Vesuvio

Bouquet declinato su toni di amarena, rosa antica, poi la croccantezza del lampone e mirtillo, e infine una delicata speziatura di pepe a chiudere. Al gusto è ammaliante, giustamente ruffiano, si muove in equilibrio con le altre parti gustative, con l’amarena che resta protagonista nel finale

 


Dettori Bianco Romangia 2002, un bianco che rispecchia la sua origine

di Antonio Carullo

Alessandro Dettori e la terra di Badde Nigolosu, un binomio indissolubile e viscerale perchè, lo scrive lo stesso Alessandro, senza quel territorio la loro attività vitivinicola non avrebbe un senso, non esisterebbe.

Qui regna l’alberello sardo che punta le sue radici all’interno di un terreno prettamente calcareo, bianco, che fa da sfondo, oltre che alla vite che lotta contro il maestrale, ad una vegetazione composta da oliveti, fichi d’India, e macchia mediterranea. Una zona particolarmente vocata che è sempre stata a cuore al padre e al nonno di Alessandro, che ne hanno preservato l’identità. Ma non solo, hanno anche trasmesso ad Alessandro l’amore e il rispetto per la loro terra.

Parlare dei vini di Dettori può rivelarsi un’impresa piuttosto ardua tanto che gli interventi sia in vigna che in cantina sono limitati al minimo.

Per quanto riguarda la vinificazione, i mosti delle Tenute Dettori vengono tutti vinificati allo stesso modo, in piccole vasche di cemento, da uve diraspate ma non pigiate, che macerano solitamente tra i due e i sei giorni. Questo vale anche per il Dettori Bianco, elaborato con Vermentino in purezza, tranne che per l’annata 2002 (quella degustata in questione), le cui uve sono state volutamente non diraspate.

Dettori Bianco Romangia 2002 E’ Vino di grande solarità, bellissimo nella sua espressione di così tante e varie sfaccettature. E’ proprio con l’annata 2002 che Alessandro apre le danze. Un’annata ballerina, caratterizzata da condizioni climatiche piovose. Condizioni difficili quindi, che in altre circostanze e altri luoghi sarebbero risultate penalizzanti, ma che in quella terra, baciata dal sole e spazzata dallo scirocco, non tolgono nulla al vino

Il Colore è affascinante e singolare, mostra i suoi anni di evoluzione (16 anni dalla vendemmia) ma non flette per vivacità e lucentezza. Qui la certezza di essere di fronte ad un’annata super c’è sempre stata e il bicchiere non mi smentisce: il mix di erbe aromatiche e macchia mediterranea offre un profilo olfattivo ampio e accogliente, mai monocorde, mai scontato. Il tempo nel bicchiere è galantuomo e il vino comincia a incalzare su profumi piacevoli di zenzero candito e fiori di camomilla e ginestra. Per due ore  è davvero un bell’ annusare. La bocca è larga e carnosa, la spinta acida discreta con la sapidità che interviene a sostegno. Un vino che tocca le corde della sensibilità, davvero in una fase splendida!