NERO D’AVOLA: IL RE DEI VITIGNI SICILIANI RAPPRESENTA GLI AREALI VITICOLI DI UN’INTERA ISOLA

 NERO D’AVOLA: IL RE DEI VITIGNI SICILIANI RAPPRESENTA GLI AREALI VITICOLI DI UN’INTERA ISOLA

Dalla liquirizia al tabacco fino al peperoncino, sentori di spezie e ciliegie, colore rubino più o meno intenso, brillante, vivace, con riflessi violacei o granati: considerato il vitigno a bacca rossa più importante della Sicilia, con più di 48 milioni di bottiglie certificate nel 2021, il Nero D’Avola DOC Sicilia conferma il trend positivo in atto dal 2018, quando le bottiglie erano circa 10 milioni.

Vitigno dal carattere impetuoso e attraente, ma che al contempo si lascia addomesticare: plastico nelle sue manifestazioni, si rinnova a seconda delle esigenze del consumatore, stando al passo ad ogni tempo.

Dal bacino embrionale della Sicilia sud-orientale, il Nero d’Avola si è gradualmente diffuso in lungo e in largo in tutta la Sicilia, oggi è presente in modo esteso in tutte le provincie siciliane ed è la cultivar più rappresentativa di Agrigento, Caltanissetta, Siracusa, Ragusa ed Enna, mentre nelle altre provincie figura al secondo (Palermo, Catania, Messina) o al terzo posto (Trapani).

“Il Nero D’Avola è un prodotto che esprime in modo universalmente apprezzato caratteristiche territoriali e culturali proprie dell’isola – sottolinea Antonio Rallo, presidente del Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia – e sta senza dubbio fornendo un contributo prezioso nel far conoscere sempre di più la Sicilia nel mondo con le sue eccellenze”.

CENNI STORICI

Il vitigno Nero d’Avola fu importato dai greci durante la loro presenza nell’isola, da loro deriva anche il tipo di allevamento a “bassa ceppaia”, impiantato tipicamente a spalliera o ad alberello.

Storicamente, il Nero d’Avola viene chiamato “Calabrese”, una denominazione utilizzata già nel 1600 quando, con Calavrisi o Calaulisi, venivano indicati tutti quei vini associabili al Sud Italia per caratteristiche qualitative, metodo di lavorazione, colore e zuccheri.

Una spiegazione del suo nome potrebbe trovare radici nella lingua antica siciliana dove “Calea” stava per uva e “Aulisi” per Avola, borgo di Siracusa, dunque “Calaulisi” come uva di Avola.

Di certo il nome “Nero D’Avola, con il quale il vitigno è riconosciuto da sempre in Sicilia, sottolinea l’importanza della zona di Avola come centro, se non origine, sicuramente di antica coltivazione della cultivar.

Le testimonianze più antiche inerenti la coltivazione nel territorio Siciliano provengono dal Mendola (1868), che riferisce della presenza di tale vitigno nelle province di Agrigento, Catania e Siracusa. Alla fine del 1800, come si attesta dai bollettini ampelografici delle  altre provincie siciliane, il Nero d’Avola si diffonde in tutta la Sicilia.

DESCRIZIONE DELLA VARIETÀ

Il Nero d’Avola, in funzione della sua antica origine e della elevata superficie su cui è coltivato, presenta una significativa variabilità intravarietale a carico soprattutto degli aspetti morfologici e compositivi delle uve. Questa è stata

valutata per tutti i diversi aspetti utilizzati per la fenotipizzazione della varietà permettendo così di definire quattro biotipi che si caratterizzano sia per aspetti morfologici, in special modo forma e dimensione del grappolo, sia per quelli agronomici ed enologici. Questi quattro biotipi sono identificati come A, individuato nell’area della Sicilia centro-meridionale, il biotipo B quello maggiormente diffuso sul territorio isolano ma identificato

CINETICHE DI MATURAZIONE

L’inizio della maturazione avviene nella prima decade di agosto e pertanto può essere considerata precoce. Lo sviluppo dell’accumulo zuccherino è regolare fin quasi al momento della raccolta, quando, in alcuni casi, oltre a rallentare, tende a rimanere costante fino alla vendemmia. Questo andamento regolare ma non particolarmente intenso fa sì che le uve alla vendemmia raggiungano gradazioni zuccherine da mediamente elevate fino a molto elevate a seconda del biotipo. Questi risultati sono sufficientemente stabili negli anni. La cinetica dell’acidità titolabile mostra un andamento speculare rispetto a quello evidenziato per gli zuccheri, con decrementi iniziali più marcati per poi subire rallentamenti che portano nelle fasi finali della maturazione delle uve ad avere tenori di questo parametro sostanzialmente costanti nel tempo.

PROFILO SENSORIALE DEL VINO

Da un punto di vista sensoriale il vino è di colore rosso molto carico, il profumo è molto caratteristico, di particolare intensità e complessità. Si caratterizza per le elevate percezioni fruttate di ciliegia, fragola e frutta matura; a queste seguono anche note di pepe e sentori di vegetale fresco e speziato, in alcuni casi le note vegetali, mallo di noce, risultano preminenti caratterizzando in modo particolare i prodotti a base di nero d’Avola. Al gusto il vino si presenta di struttura elevata, di buon equilibrio tra la componente alcolica e quella acida, l’impatto tannico non è mai aggressivo, ma può essere intenso dando al vino una gradevole lunghezza gustativa. La permanenza della percezione aromatica è elevata.

ABBINABILITÀ

A seconda della sua età, il Nero D’Avola DOC Sicilia riesce ad accostarsi con gradevolezza a pietanze a base di pesce o carne, accompagnando i commensali dall’aperitivo, fino alla celebrazione del pasto con una portata maestosa, dai ricettari di cucina tipica locale fino a quella di taglio internazionale: il Nero D’Avola è perfetto sia con un involtino di pesce spada alla messinese, che con un pollo al curry, o piatti della cucina spagnola. Un vino versatile che, inizia ad essere vinificato anche in bianco, spumantizzato con metodo Charmant: nel suo perlage fine e limpido, il Nero si riveste di una nuova luce.

Consorzio di tutela vini DOC Sicilia

Il Consorzio di tutela vini DOC Sicilia (https://siciliadoc.wine) prende vita nel 2012, con l’obiettivo di rappresentare il vino del territorio siciliano e promuovere la denominazione DOC Sicilia, con azioni di promozione mirate alla crescita della visibilità di un marchio simbolo del Made in Italy e alla tutela e vigilanza a difesa del consumatore e dei produttori. Oltre 7.000 viticoltori e quasi 500 imbottigliatori sono promotori della Denominazione di Origine Controllata, un riconoscimento utile a rappresentarli ma anche a valorizzare e salvaguardare la produzione vinicola dell’isola. La produzione di bottiglie è imponente: nel 2020 sono state prodotte oltre 90 milioni di bottiglie, nel 2021 oltre 95 milioni. Il sistema Sicilia DOC è produttore di eccellenza sostenibile: tanti degli oltre 23mila ettari di vigneto della Denominazione sono coltivati rispettando il disciplinare della vitivinicoltura sostenibile della Fondazione Sostain Sicilia.


Perpetuo Wine Fest: la prima edizione è super, la Masterclass da De Bartoli con 6 perpetuo mostra i caratteri di questo vino immortale

Perpetuo Wine Fest: la prima edizione è super, la Masterclass da De Bartoli con 6 perpetuo mostra i caratteri di questo vino immortale

Perpetuo wine Fest è stato un evento che ha coinvolto trasversalmente tantissime persone, dedicata alla promozione e alla valorizzazione dello storico vino nato a Marsala, e gemellata con il progetto Poveri ma ricchi sul recupero e il rilancio del pesce povero.

Il nome dell’evento vuole riprendere quel particolare vino che si produceva prima del vino Marsala. Oggi conosciamo il vino Marsala così per come lo hanno voluto gli inglesi che, arrivati in Sicilia nella metà del ‘700 per cercare un vino da vendere al mondo, hanno trovato il Perpetuo, ovvero quel vino che si produceva nel trapanese già da diversi secoli.

Il Perpetuo era, ed è, un vino che si rinnova per sempre, perpetuamente. Ogni anno i produttori di vino Perpetuo lasciano una quantità di questo vino in una singola botte dove rimane ad affinare. L’anno successivo, dopo la sottrazione di una parte destinata al consumo, il vino rimasto nella botte viene addizionato con una parte uguale di vino nuovo, rinnovandosi di anno in anno, e al contempo, invecchiando all’infinito.

Una magia del vino che si era un po’ persa nei primi del ‘900 e che è stata ripresa nella metà del secolo scorso da Marco De Bartoli, enologo e produttore di vini marsalese, visionario e lungimirante nelle sue scelte. E proprio la cantina Marco De Bartoli è stata il palcoscenico dell’apertura del Perpetuo Wine Fest con la prima Masterclass di AIS Trapani dal titolo Perpetuo, il Marsala prima del Marsala.

L’abbinamento vino-cibo ha visto protagoniste sei cantine del territorio trapanese che producono vini ossidativi e i piatti della tradizione locale realizzati dalle Osterie per Slow Food Trapani.

E proprio la cantina “Marco De Bartoli” è stata il palcoscenico d’apertura del “Perpetuo Wine Fest” con la prima masterclass di Ais Trapani dal titolo “Perpetuo, il Marsala prima del Marsala, durante la quale, oltre alla degustazione, si sono tracciati ostacoli e possibilità di futuro di questo ossidativo per eccellenza, e alla quale hanno partecipato anche Renato De Bartoli e Nino Barraco, noto vignaiolo marsalese.

Sia per De Bartoli sia per Barraco il pensiero concorde è quello che il vino Marsala, oggi appannaggio di pochissime aziende sul territorio, vada per una strada più veloce, più economica e rapidamente fruttuosa. È, pertanto, necessario – secondo i due produttori – che il Perpetuo trovi in fretta la sua vera strada

L’ossidazione, ovvero questa particolare reazione chimica che ha la capacità di alterare le caratteristiche dei vini creando spesso un difetto, qui diventa fase fondamentale del processo produttivo, donando ai cosiddetti vini a carattere ossidativo quelle particolari caratteristiche che li rendono inimitabili. Il Marsala, il Vin Jaune, il Madeira, lo Sherry sono solo alcuni esempi dei migliori vini a carattere ossidativo prodotti al mondo. Grazie a questa particolare tecnica di produzione, oggi sempre più riscoperta da tanti produttori, si riesce ad apprezzare vini intriganti e a raggiungere frontiere aromatiche sempre più ampie ed interessanti.

L’evento si è concluso presso l’agriturismo Vultaggio, nel comune di Misiliscemi, con la tavola rotonda sul tema Vini a carattere ossidativo e pesce povero, dalle tavole dei pescatori e dei contadini alle proposte gourmet per valorizzare il territorio con nuovi percorsi enogastronomici e i banchi di assaggio con proposte di abbinamento vini ossidativi e pesce povero. Un incontro dove si sono confrontati chef, ristoratori, produttori, giornalisti e sommelier con l’obiettivo di sviluppare insieme idee che possano valorizzare al meglio i prodotti del mare abbinati ai vini a carattere ossidativo, riscoprendo anche i sapori di una volta.

«Questa prima edizione nasce dalla volontà di legare due prodotti fortemente rappresentativi di un’area – commenta Giuseppe Vultaggio, delegato Ais Trapani e promotore del Perpetuo Wine Fest – con l’obiettivo di promuovere e valorizzare il territorio di Marsala e Trapani e il suo patrimonio enogastronomico. È il vino della nostra tradizione contadina che più rispecchia il territorio, il suolo, la salinità. L’auspicio è quello di rafforzare la consapevolezza dei produttori sull’importanza storica del Perpetuo».


ITALIAN TASTE SUMMIT A MILANO LA SESTA EDIZIONE

ITALIAN TASTE SUMMIT A MILANO LA SESTA EDIZIONE

A Palazzo Serbelloni dal 23 al 25 ottobre, il format che guarda a nuove tendenze e opportunità per l’export del vino italiano. Molte le novità introdotte e la partnership con il progetto want-ITA negli USA. Presenti 80 buyer internazionali, 80 aziende produttrici e un calendario di focus, masterclass e B2B da non perdere.

Anche quest’anno Italian Taste Summit si conferma come l’evento più atteso della stagione con un fitto calendario di appuntamenti e incontri finalizzati all’analisi delle performance del vino italiano negli ultimi anni e aperti a potenziali scambi e approfondimenti commerciali. Un nuovo format che si amplia per soddisfare le esigenze di ogni azienda vitivinicola del Made in Italy con un panel di attività incentrate sul mondo B2B e uno spazio dedicato al mondo B2C, con walk-around-tasting e masterclass pensate per un pubblico selezionato di buyer, operatori commerciali, giornalisti e manager della ristorazione e della GDO specializzata.

Teatro dell’evento, in programma dal 23 al 25 ottobre, sarà il prestigioso Palazzo Serbelloni, nel cuore del centro storico di Milano, che ospiterà gli appuntamenti del summit all’interno dei suoi preziosi saloni. Un contesto dai forti dettagli identitari, propriamente rappresentativo dell’heritage italiano, scelto per attribuire massima importanza e piena visibilità ai vini italiani. Qui si alterneranno gli interventi dei key player del mondo internazionale del vino che coinvolgeranno circa 80 cantine nello spazio export, 30 cantine nello spazio Italia, 40 giornalisti delle principali testate editoriali nazionali ed estere, 80 buyer, 60 operatori Ho.re.ca Italia e alcuni consorzi e associazioni italiane del mondo del vino e dell’enoturismo.

L’obiettivo di questa sesta edizione sarà quello di fornire un’interpretazione nuova del vino italiano – inquadrandolo nel sistema/brand Made in Italy – attraverso un linguaggio più moderno, in grado di accostarlo alle nuove generazioni di consumatori, e convergendo l’attenzione del mondo vitivinicolo verso altre sfere di produzione d’eccellenza, come la moda, l’enoturismo e la ristorazione. Centrale in questa edizione di Italian Taste Summit la partnership con want-ITA, il progetto più importante mai realizzato negli USA e dedicato alle eccellenze e al vivere italiano, dove verrà ospitata la più imponente e lussuosa enoteca mai aperta nel mondo, interamente dedicata ai vini italiani. A progettarla l’organizzazione del Concours Mondial de Bruxelles e altri partner di grandissimo rilievo tecnico.

All’evento sarà presente Giovanni Massetti di Italia Development Group che, con Gran Via di Palermo ha progettato want-ITA per il Mall American Dream, a cinque miglia dal centro di Manhattan. Una partnership che Joanna Miro, CEO di Wine Global Aspect e fondatrice e presidente di Italian Taste Summit ha fortemente voluto per ancor di più ancorare questa edizione a quanto si realizza nel mondo per promuovere il valore del vino italiano e una migliore conoscenza dei territori produttivi: “Concretezza, visione, esperienza. L’export del vino italiano può e deve crescere, coinvolgendo territori e aziende che, oggi, non hanno la forza di presidiare e sviluppare l’export – sottolinea Joanna Miro -. Want-Ita ha la nostra stessa filosofia di vita: il meglio, anche di nicchia, ma autenticamente italiano. Serve organizzazione ed un approccio sistemico”.

Il fil-rouge delle interconnessioni tra le cantine, i buyer e i distributori esteri provenienti da tutto il mondo e in particolare dal Giappone e Hong Kong, dagli Stati Uniti e dal Canada, dal Messico e dal Brasile, dalla Russia, dalla Svizzera e da altre nazioni europee, incluse quelle dell’Est.